Giradischi
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Autore: Natale Zanni
È uno strumento in grado di riprodurre i suoni registrati su opportuni supporti a forma di disco. I primi g., chiamati anche grammofoni, avevano forme molto diverse dalle attuali; erano azionati da un sistema a molla e normalmente si presentavano come un piccolo sistema integrato e compatto con sopra una specie di tromba, il cui scopo era di amplificare il suono.
Il ‘progenitore’ dei g. fu inventato da T. A. Edison (1847-1931) nel 1877: per la prima volta si era in grado di ‘scrivere’ (e ‘leggere’) i suoni in modo automatico, con uno strumento tecnico, il fonografo appunto (dal greco: phoné, suono e graphêin, scrivere). Edison aveva fissato uno stilo appuntito al centro di una membrana collocata sul fondo di un piccolo imbuto, che fungeva da microfono; la pressione esercitata dalle onde sonore sulla membrana provocava un movimento oscillatorio verticale dello stilo appuntito, che incideva un solco su una superficie di stagnola riportata su un cilindro tenuto in movimento da un dispositivo a manovella. L’incisione avveniva esclusivamente in conformità alle caratteristiche del suono in gioco, cosicché suoni gravi o acuti modellavano il solco in forma diversa lungo un tracciato a spirale. Per riascoltare quanto registrato bastava far ripercorrere alla puntina il tracciato appena eseguito: la puntina, seguendo l’andamento del solco, ripeteva le vibrazioni precedenti e l’imbuto le amplificava, rendendole udibili. Le prime parole registrate furono pronunciate da Edison: "Mary had a little lamb" (Maria aveva un agnellino). Prima dell’invenzione di Edison esistevano già strumenti per la riproduzione automatica dei suoni, come i rulli perforati per eseguire brani al pianoforte, però il g. si è subito presentato come un’invenzione rivoluzionaria, poiché era in grado di registrare e quindi permetteva di riprodurre con relativa facilità qualsiasi tipo di suono preventivamente inciso su una superficie opportunamente sagomata.
Negli anni successivi il g. ha subito cambiamenti e perfezionamenti. Decisive furono le innovazioni introdotte da Emile Berliner (1851-1929). Dal momento che il cilindro ricoperto da un foglio di stagno si dimostrava poco pratico, l’inventore tedesco nel 1888 lo sostituì con un disco piatto, più facile da usare e più duraturo nel tempo (nasceva il disco e insieme il g.). Un ulteriore, decisivo miglioramento fu il passaggio dalla registrazione verticale, dove i solchi avevano una profondità variabile in funzione delle vibrazioni sonore (hill and dale, colline e valli), alla registrazione orizzontale, in cui il solco ha una profondità costante ma si sviluppa con andamento variabile a destra e sinistra (a zig-zag) legato all’intensità e alla frequenza delle vibrazioni sonore.
Nel 1914, sotto la direzione di Artur Nikisch, venne fatto il tentativo di registrare su disco la prima sinfonia di Beethoven. Nel 1925, con l’uso dell’energia elettrica sia in fase di incisione sia in quella di riproduzione, il suono divenne più preciso e la stessa produzione più economica. I dischi però rimanevano un oggetto pesante e costoso. Per ottenere dei risultati ‘soddisfacenti’ si dovevano utilizzare velocità di rotazione relativamente elevate 78 giri al minuto con conseguente aumento di usura della testina e riduzione della durata dei brani sonori registrabili su un disco: di fatto non si potevano superare di molto i cinque minuti di suono totale, limite che rendeva molto difficile registrare concerti o brani sonori lunghi. Negli anni successivi un uso più innovativo dell’energia elettrica ha portato a sostituire molte parti meccaniche, prima con parti elettromeccaniche e poi elettroniche. L’intento era di ridurre i costi, ma soprattutto di semplificare le regolazioni dei diversi parametri e correggere difetti. Le parti dedicate al rilevamento delle variazioni del solco inciso sul disco vennero poi sostituite con sistemi elettromagnetici molto più sensibili e sicuri; in particolare la puntina il fonorivelatore subì forti trasformazioni, sia perché era la parte del g. più soggetta all’usura, sia perché essa condizionava notevolmente la qualità del suono riprodotto.
Dopo la seconda guerra mondiale, intorno al 19471948, si realizzò un netto miglioramento anche nel materiale di cui era fatto il disco (vinilite), rendendolo più leggero e meno delicato. Migliorando la qualità di riproduzione, si ridussero sia le dimensioni del solco (i dischi vennero chiamati appunto microsolco) sia la velocità di rotazione (45 o 33,3 giri il minuto), rendendo così possibile l’incisione di brani sonori molto più lunghi, con un corrispondente abbassamento dei costi di produzione e gestione. Il g. divenne così molto interessante per un pubblico sempre più vasto. Ulteriori perfezionamenti tecnologici ci furono all’inizio degli anni Sessanta con l’aggiunta della stereofonia (brevettata nel 1931, entrata nel mercato nel 1958) e di effetti che accentuarono molto il realismo spaziale, rendendo così il suono molto simile a quello ascoltato in una situazione reale. Tutto ciò ha contribuito a fare del g. un ‘oggetto culturale’ di largo consumo praticamente in tutto il mondo occidentale.
Il g. in realtà è uno strumento dalla struttura relativamente semplice. Le sue parti fondamentali consistono in:
a) in un sistema di rotazione che provoca il movimento del piatto su cui è posto il disco;
b) un sistema snodabile sul cui braccio è presente la testina dotata di un fonorivelatore (pick-up);
c) e un sistema di rilevazione-amplificazione che riceve il segnale e lo trasforma in suono di intensità variabile a piacere.
Oggi il g. sembra essere diventato uno strumento obsoleto, eppure è presente più di quanto non si creda, proprio con tutte le componenti appena descritte: nei vari player di CD e di MiniDisc e soprattutto nei computer, con i floppy disk e gli hard disk (un sistema di dischi sovrapposti, con molte testine rilevatrici). Non c’è più la puntina, ma un sensore magnetico o un raggio laser; non c’è più un solco, ma varia il livello di una sottilissima traccia oppure cambiano le sue caratteristiche di magnetizzazione o di riflessione. In questo modo il g. rimane una componente fondamentale dell’attuale tecnologia dell’informazione.
Il ‘progenitore’ dei g. fu inventato da T. A. Edison (1847-1931) nel 1877: per la prima volta si era in grado di ‘scrivere’ (e ‘leggere’) i suoni in modo automatico, con uno strumento tecnico, il fonografo appunto (dal greco: phoné, suono e graphêin, scrivere). Edison aveva fissato uno stilo appuntito al centro di una membrana collocata sul fondo di un piccolo imbuto, che fungeva da microfono; la pressione esercitata dalle onde sonore sulla membrana provocava un movimento oscillatorio verticale dello stilo appuntito, che incideva un solco su una superficie di stagnola riportata su un cilindro tenuto in movimento da un dispositivo a manovella. L’incisione avveniva esclusivamente in conformità alle caratteristiche del suono in gioco, cosicché suoni gravi o acuti modellavano il solco in forma diversa lungo un tracciato a spirale. Per riascoltare quanto registrato bastava far ripercorrere alla puntina il tracciato appena eseguito: la puntina, seguendo l’andamento del solco, ripeteva le vibrazioni precedenti e l’imbuto le amplificava, rendendole udibili. Le prime parole registrate furono pronunciate da Edison: "Mary had a little lamb" (Maria aveva un agnellino). Prima dell’invenzione di Edison esistevano già strumenti per la riproduzione automatica dei suoni, come i rulli perforati per eseguire brani al pianoforte, però il g. si è subito presentato come un’invenzione rivoluzionaria, poiché era in grado di registrare e quindi permetteva di riprodurre con relativa facilità qualsiasi tipo di suono preventivamente inciso su una superficie opportunamente sagomata.
Negli anni successivi il g. ha subito cambiamenti e perfezionamenti. Decisive furono le innovazioni introdotte da Emile Berliner (1851-1929). Dal momento che il cilindro ricoperto da un foglio di stagno si dimostrava poco pratico, l’inventore tedesco nel 1888 lo sostituì con un disco piatto, più facile da usare e più duraturo nel tempo (nasceva il disco e insieme il g.). Un ulteriore, decisivo miglioramento fu il passaggio dalla registrazione verticale, dove i solchi avevano una profondità variabile in funzione delle vibrazioni sonore (hill and dale, colline e valli), alla registrazione orizzontale, in cui il solco ha una profondità costante ma si sviluppa con andamento variabile a destra e sinistra (a zig-zag) legato all’intensità e alla frequenza delle vibrazioni sonore.
Nel 1914, sotto la direzione di Artur Nikisch, venne fatto il tentativo di registrare su disco la prima sinfonia di Beethoven. Nel 1925, con l’uso dell’energia elettrica sia in fase di incisione sia in quella di riproduzione, il suono divenne più preciso e la stessa produzione più economica. I dischi però rimanevano un oggetto pesante e costoso. Per ottenere dei risultati ‘soddisfacenti’ si dovevano utilizzare velocità di rotazione relativamente elevate 78 giri al minuto con conseguente aumento di usura della testina e riduzione della durata dei brani sonori registrabili su un disco: di fatto non si potevano superare di molto i cinque minuti di suono totale, limite che rendeva molto difficile registrare concerti o brani sonori lunghi. Negli anni successivi un uso più innovativo dell’energia elettrica ha portato a sostituire molte parti meccaniche, prima con parti elettromeccaniche e poi elettroniche. L’intento era di ridurre i costi, ma soprattutto di semplificare le regolazioni dei diversi parametri e correggere difetti. Le parti dedicate al rilevamento delle variazioni del solco inciso sul disco vennero poi sostituite con sistemi elettromagnetici molto più sensibili e sicuri; in particolare la puntina il fonorivelatore subì forti trasformazioni, sia perché era la parte del g. più soggetta all’usura, sia perché essa condizionava notevolmente la qualità del suono riprodotto.
Dopo la seconda guerra mondiale, intorno al 19471948, si realizzò un netto miglioramento anche nel materiale di cui era fatto il disco (vinilite), rendendolo più leggero e meno delicato. Migliorando la qualità di riproduzione, si ridussero sia le dimensioni del solco (i dischi vennero chiamati appunto microsolco) sia la velocità di rotazione (45 o 33,3 giri il minuto), rendendo così possibile l’incisione di brani sonori molto più lunghi, con un corrispondente abbassamento dei costi di produzione e gestione. Il g. divenne così molto interessante per un pubblico sempre più vasto. Ulteriori perfezionamenti tecnologici ci furono all’inizio degli anni Sessanta con l’aggiunta della stereofonia (brevettata nel 1931, entrata nel mercato nel 1958) e di effetti che accentuarono molto il realismo spaziale, rendendo così il suono molto simile a quello ascoltato in una situazione reale. Tutto ciò ha contribuito a fare del g. un ‘oggetto culturale’ di largo consumo praticamente in tutto il mondo occidentale.
Il g. in realtà è uno strumento dalla struttura relativamente semplice. Le sue parti fondamentali consistono in:
a) in un sistema di rotazione che provoca il movimento del piatto su cui è posto il disco;
b) un sistema snodabile sul cui braccio è presente la testina dotata di un fonorivelatore (pick-up);
c) e un sistema di rilevazione-amplificazione che riceve il segnale e lo trasforma in suono di intensità variabile a piacere.
Oggi il g. sembra essere diventato uno strumento obsoleto, eppure è presente più di quanto non si creda, proprio con tutte le componenti appena descritte: nei vari player di CD e di MiniDisc e soprattutto nei computer, con i floppy disk e gli hard disk (un sistema di dischi sovrapposti, con molte testine rilevatrici). Non c’è più la puntina, ma un sensore magnetico o un raggio laser; non c’è più un solco, ma varia il livello di una sottilissima traccia oppure cambiano le sue caratteristiche di magnetizzazione o di riflessione. In questo modo il g. rimane una componente fondamentale dell’attuale tecnologia dell’informazione.
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Bibliografia
- FALCINELLI Floriana, Audiovisivi e tecnologie nella pratica didattica, Anicia, Roma 1995.
- HEINICH Robert, Instructional media and the new technologies of instruction, MacMillan, New York 1989.
- KITTLER Friedrich, Gramophone, Film, Typewriter, Stanford University Press, Stanford (CA) 1999.
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Come citare questa voce
Zanni Natale , Giradischi, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (22/12/2024).
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